VIVA VITTORIA

Chiediamo alle persone (uomini e donne) di realizzare a ferri o uncinetto moduli in maglia da cm 50×50, aggiungendo la propria firma in qualsiasi forma o modo.
L’opera finale sarà costituita da 15.000 moduli.
I moduli verranno uniti per realizzare coperte da cm 100×100 usando un filo rosso, espressione dell’arte come possibilità di relazione. Tutte insieme diventeranno poi un’immensa opera.
Esiste un centro preposto alla raccolta e all’incontro dove su di una grande tela tutti metteranno la loro firma, cosicché, anche quando la grande coperta verrà tolta, resti la lista delle persone che non si riconoscono nell’uso della violenza. Questa opera sarà la dichiarazione di non violenza sulla donna da parte di tutta la collettività!

Progetto

Coprire Piazza Vittoria e aree limitrofe con opere realizzate a maglia.

25 novembre 2015

Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Piazza Vittoria, Brescia.

 


Come sempre succede, un’opera d’arte relazionale, comunque vada, rivela qualcosa di noi.  A comporla siamo noi, noi diventiamo il centro della scena, proprio per questo risultano evidenti tutte le nostre venature, i punti di forza come i punti da rafforzare, questa è la sua funzione. L’obiettivo è proprio questo: metterci in condizioni d’essere consapevoli del nostro valore così come delle nostre responsabilità. Non sto parlando del governare le nuvole, ma di tutto ciò che possiamo fare; ogni azione è una scelta, anche quando scegliamo di non agire.
Chi decide della mia vita? E’ la domanda cui avevo invitato a rispondere, a distanza di tempo mi trovo a dover rispondere a me stessa. Decido io con le mie azioni e il mio impegno o altro da me che decide di cancellarmi dalla narrazione di una storia che è una parte importante della mia vita? Ogni artista lo sa, tutti quelli che hanno idee lo sanno, che idee e intuizioni sono sì nostre figlie, ma una volta dette saranno del mondo: ne siamo consapevoli e felici, ci dà senso. Altra cosa è cancellare il nostro nome, questo non fa felici nessuno. Gli artisti ci hanno messo millenni per poter mettere il proprio nome ed essere riconosciuti, si può davvero ora eliminare con un clic?
Di cosa sto parlando? Di un’opera d’arte relazionale condivisa, una grande opera nata e creata a Brescia. È in corsetto sant’Agata che ha materialmente preso forma nella sua parte estetica, io l’ho visto, ero lì tutti i giorni tutto il giorno, alla fine eravamo sedute suoi tavoli, per terra, quel luogo scoppiava di persone e di energia. Sono arrivati contributi da ogni dove, è vero, ma sono arrivati dalle scuole di Brescia, dalle associazioni di Brescia, dalle case di riposo di Brescia, dalle biblioteche di Brescia, dal carcere di Brescia, dai quartieri di Brescia, dalle valli di Brescia. Ed è stata Brescia che quella notte in piazza Vittoria è venuta ad aiutarci a disegnare quel tratto di Dna, come quello disegnato mesi prima sulla tavola planetaria davanti al MO.CA., il Dna che lega tutto il vivente per ricordare a donne e uomini che siamo figlie/i della stessa vita con lo stesso valore. Un invito a celebrare, quel 25 novembre, la forza delle nostre azioni contro la violenza, la bellezza possibile del nostro fare, noi tutte coautrici del cambiamento, cominciando da noi.
Delle donne che hanno avviato quell’opera, io sono l’artista, il mio contributo è stato, concettualmente, trasformare il desiderio di una di noi del fare una grande coperta, in un’opera d’arte relazionale contro la violenza sulle donne. Questa è la mia vita, questo faccio. Eravamo tutte d’accordo, abbiamo avuto molte discussioni all’interno naturalmente, mi sono tutte care, mi hanno spinto a cercare e trovare parole per portare fuori e condividere sempre più chiaramente. Credo che ogni incontro come ogni scontro siano un’occasione.
E siamo arrivate al 25 novembre raccogliendo tanta gioia, quella gioia pura che ti nasce dentro quando ti senti parte di qualcosa di bello, di buono e di utile.  Quell’opera è stata buona non solo per i 77mila euro raccolti per le donne vittime di violenza, perché potessero avviare reali processi di autosufficienza, ma perché ha fatto emergere il meglio da ognuna/o di noi.
È stata un’esperienza immensa, ho ricevuto il più grande numero di abbracci e sorrisi della mia vita. Ho passato mesi fuori casa, sostenuta dalla mia famiglia che semplicemente mi ama. Siamo state brave, abbiamo dato tanto e ricevuto di più.
Ora mi dicono che si farà una Vivavittoria a Bergamo, so che è già stata fatta in altre città e non posso che esserne orgogliosa. Sostanzialmente con la stessa forma e lo stesso intento, e tutte/i sappiamo quanto ancora dobbiamo fare, bene che continui.
Hanno tolto “d’arte”, intuisco il perché ma non capisco il senso. Hanno cambiato completamente il sito, il cambiamento è cosa buona, ma hanno chiamato Brescia “progetto pilota” eppure eravamo rimaste che fosse un’opera d’arte, non un campione. Ma ancor più hanno tolto i cognomi sì, hanno lasciato il nome, ma senza il cognome. Ne è rimasto solo uno, gli altri spariti.
Come sappiamo, la storia è una versione dei fatti di chi la scrive e io qui trovo finalmente il coraggio di smentire una versione mancante. È chiedere troppo che l’opera sia chiamata con il suo nome? È chiedere troppo che il nome dell’artista sia sull‘opera?
Se Vivavittoria si fa, che Vivavittoria sia, nella sua interezza, con i suoi testi, con nomi e cognomi, come chiesi allora, in ordine alfabetico per rispetto del valore di ognuna. Contro la violenza, ogni forma di violenza.