MATERIA INERTE

Da anni “coltivo” l’idea di portare l’arte relazionale “sulla terra”.

Quale modo più efficace e immediato per rendere evidente quanto il nostro fare produca frutti e quindi valore? Questa è una possibilità di creare relazione e consapevolezza con un progetto di grande fruibilità e utilità producendo una concreta competenza. Materia inerte è un titolo emblematico, così chiamiamo la terra madre/nutrimento di ogni organismo vivente, allo stesso modo non riconosciamo ancora il valore del femminile, le cornici entro le quali nasciamo ci precludono il vedere oltre. L’obiettivo è produrre un cambiamento positivo rispetto all’esistente in un’opera che faccia emergere in ognuna un se e il suo intero.
Individuata l’area realizzeremo un orto/giardino in permacultura (contrazione tra agricoltura e cultura permanente). A questa operazione parteciperanno professionisti che ci accompagneranno dal campo alla cucina.

Questo progetto prevede il coinvolgimento delle donne ospiti della Dimora come di altre case di accoglienza ma anche di altre donne, perchè il progetto non sia un ghetto ma un luogo di incontro anche con la “normalità”.

Al termine di tale opera della durata di un anno biologico, verrà rilasciato alle partecipanti un attestato a certificare la spendibilità della professionalità acquisita sul terreno, pretesto per la realizzazione dell’opera.

Come ogni mio progetto, vorrà essere buono, bello e utile, trinomio che da Aristotele a Beuys definisce un progetto artistico efficace. Porto l’arte, come dice Nicolas Bourriaud, negli interstizi della vita.

 

Avrei voluto incatenermi all’orto, avrei potuto scrivere lettere di protesta ai giornali, ma non sarebbe stato niente di nuovo.
Un’opera d’arte relazionale è di per se una proposta positiva rispetto all’esistente, un’occasione, una possibilità e le possibilità non possono essere in nessun modo imposte, non devono creare conflitti che non siano con noi stesse per portarci a riconoscere il nostro valore e le nostre responsabilità. Certamente, anche questa parte è parte dell’opera, ci dice chi siamo, e, dopo il cosa vorremmo, ci mostra di cosa siamo capaci, delle difficoltà che abbiamo con il diverso da noi. Quindi ce ne andiamo e proveremo a ritrasformarci.
<– Questa lettera è stata inviata a Brescia Mobilità e all’assessora alla Cultura Laura Castelletti.