IL GIARDINO DELLE MELE MAGNE

 Progetto di Arte Ambientale
Funzionale e Produttivo
Di Patrizia Fratus 
Con Marco Soardi, uomo della terra
Per Beppe Maffioli, Chef

 

 

Nel mio lavoro riverifico il passato per raccontare nuove storie.
Così, quando Beppe Maffioli ha espresso il desiderio d’avere un giardino, niente è stato più naturale del pensare ad una storia che che nascesse da lì, persona e luogo.
Mi è sembrato poi naturale partire da uno dei concetti base della cucina di Beppe ” tutto comincia dal rispetto della materia prima”.
Perchè, alle radici della sua materia prima, c’è la terra.
Il giardino, dunque, come luogo di riconnessione fra l’uomo e il suo ambiente naturale, un ambiente da cui trae vita, aria, nutrimento.
Questa visione condivisa mi ha dato la possibilità di portare, anzi, riportare, l’arte nella vita, nel quotidiano.
Raccontare storie da forma ai pensieri, porta ad immaginare nuove possibilità.
In questo caso, il luogo ci aiuta a riconnettere una volta di più due termini apparentemente in antagonismo.
Si narra, infatti, che proprio da qui passò Carlo Magno, ed ecco che nel giardino, luogo simbolo di incontro tra maschile e femminile, ( Eden) ho voluto raccontare la storia non più solo del grande uomo, ma quella meno nota delle mogli.
Chi potrà mai negare che la visione del mondo di Carlo sia passata attraverso gli occhi di Ilmetrude, Ermengarda, Ildegarda, Fastrada,Liutgarda e abbiano contribuito a renderlo Magno.
Ed ecco un altro filo che intreccia passato e presente, parlando con Beppe incontrerete presto nel racconto della sua storia, l’importanza della nonna e della madre nella sua cucina.

Non poteva essere altrimenti un giardino pensato per Beppe Maffioli, non fatto solo per la materia prima, che troverete nei suoi piatti,  al tavolo con lui basta poco per capire che non sta parlando solo di cucina, di pura forma o di estetica, ma soprattutto di etica del cucinare, del mangiare, del vivere.

Quel vivere fatto di interdipendenza tra l’uomo e il tutto. Basti pensare che condividiamo buona parte del nostro DNA, non solo con tutte le altre creature ma anche con gli alberi.
Ed è proprio l’elica del DNA che ho voluto disegnare nel giardino del Carlo Magno, un segno che amo usare perchè riassume in sè la nostra origine, le nostre similitudini e le nostre differenze. Un segno che ci ricorda non solo che maschile e femminile hanno la stessa origine ma che la sorgente è comune a tutti i viventi.
Questo sentiero stretto e sicuro invita all’attenzione e alla riflessione, preparandoci all’ esperienza che ci attende. 
Quel tratto di DNA ha dato forma e vita a cinque aiuole, le cinque mogli di Carlo, al centro di ognuna un albero di mele, l’origine della conoscenza, attorno varietà di erbe edibili e medicinali direttamente dal primo manifesto di biodiversità della storia, il Capitulare de Villis, voluto da Carlo Magno per indicare le varietà necessarie da coltivare nei pressi dell’abitato, così come volle che il Monaco Alcuino da York, chiamato alla scuola   Palatina come precettore dei sui figli, scrivesse un Capitulare dal titolo “Propositiones ad acuendos juvenes” ovvero, problemi per rendere acuta la mente dei giovani.
L’eco di questo lavoro è ancora oggi nel nostro dire, da lì arriva il problema : come salvare capra e cavoli, e da li ho preso il disegno della pavimentazione che troverete nell’ultima parte del giardino, è la rappresentazione di un gioco matematico.
Le piante del Capitulare coltiveremo dunque in questo giardino,coltivare  è però fuorviante, le diverse essenze crescono e convivono sotto la paglia come ci insegna Masanobu Fukuoka, lui che in una felice sintesi ci dice” noi non produciamo il cibo della vita, lo fa la natura, noi possiamo farle da assistenti”
Marco Soardi, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e che ci ha fatto incontrare, non è solo assistente, è custode della terra, lui non solo assisterà questo giardino, ma dal suo Orto Beato, porterà a Beppe tutta la materia che coltiva sulla sua terra volta completamente da biodinamica a permacultura, un vocabolo che è la contrazione tra, agricoltura e cultura permanente, un trarre alimento dalla terra in comunione con essa.
Così, un giardino realizzato nel 2015, ma che è lì da sempre, è l’anello di congiunzione tra quello che è stato e cio che potrà essere.
Una proposta di relazione, di convivenza verso una Grande Bellezza.